Mercoledì 4 maggio ore 21
Incontro rivolto ai genitori, tecnici, dirigenti, insegnanti, volontari che a vari livelli assumono responsabilità (educative) nell’esperienza sportiva di bambini e ragazzi (Presso la sala convegni CSI Mantova di via Cremona 26/a).
Organizzato da
CpC SanLazzaro
CSI – Centro Sportivo Italiano
AGE -Associazione Genitori Mantova
AGE -Associazione Genitori Lombardia
«Vorrei allenare una squadra di orfani».
Frase terribile, ma pronunciata veramente. Il bersaglio? I genitori dei piccoli atleti, oggetto del convegno di mercoledì sera nella sede del Csi, guidato dal professor Gilberto Pilati, che ha analizzato il ruolo delle famiglie a bordo campo in un’epoca nella quale episodi come papà che picchiano gli arbitri, genitori che si agitano sulle tribune per protestare o che addirittura se le danno di santa ragione tra di loro sono balzati più volte agli onori delle cronache.
Senza contare tutti coloro che vedono i propri figli in campo come futura fonte di guadagno: «Il problema c’è – ha detto la presidente di Age, l’Associazione Genitori, di Mantova Patrizia Togliani – il successo ormai è il traguardo più ambito e nessuna generazione di genitori è stata così stimolata a seguire i figli come questa. Figli che devono fare i conti con aspettative sempre più alte».
Ma ha ragione don Alessio Albertini, fratello dell’ex bandiera del Milan Demetrio e consulente ecclesiastico nazionale del Csi, a dire che «esistono anche genitori adatti allo sport.
I nostri ragazzi si aspettano una mano per essere accompagnati nella vita, perché non sanno più cosa sia. Una volta si andava a bottega, per imparare a lavorare, oggi non c’è più nessuno che lo fa e la metafora calza a pennello. In primis allora devono essere i genitori a fare da guida». E poi? «Poi è tempo di ritirarsi – prosegue don Alessio – per lasciare spazio ai nostri figli».
E oggi la società sportiva può essere uno dei momenti educativi più importanti: «La domanda “cosa vuoi che diventi tuo figlio?” è pericolosa, i nostri sono i ragazzi del tutto, subito e possibilmente senza sforzi. Non c’è più disciplina, ma questa la può insegnare lo sport, aiutando anche i genitori. Allora voi genitori dovete chiedere agli allenatori “cosa farete diventare mio figlio?”.
Ma attenzione, è un attimo cadere nel facile entusiasmo».
Entusiasmo che può portare a conseguenze negative: «Se non facciamo le cose per bene – ha spiegato il professor Antonello Bolis, responsabile dell’area psicopedagogica delle giovanili del Milan – creiamo dei veri mostri. Oggi vale chi è perfetto, chi vince, e in Inghilterra è nato il termine genitori spazzaneve, quelli cioè che eliminano dalla strada dei figli qualsiasi ostacolo. Siamo noi genitori a non accettare l’idea che nostro figlio possa fallire, ma la ricerca ossessiva del successo crea infelicità nei ragazzi e gli ultimi studi ci dicono che l’abbandono sportivo, per un bimbo su due, arriva attorno agli 11 anni».
«Io porto mio figlio alla scuola calcio – spiega il capitano del Mantova Gaetano Caridi – ma non gli do mai indicazioni, mi sembrerebbe di spodestare l’allenatore, che dal bambino deve essere visto come riferimento. In campo poi cerco di tenere i giusti atteggiamenti, siamo pagati anche per dare l’esempio. Resto però un po’ pessimista, da anni cerchiamo di migliorare ma non vedo passi avanti».
La soluzione dunque? «Se vedete un genitore che urla e si agita in tribuna – ha detto l’arbitro mantovano Andrea Gervasoni – chiedetegli il perché lo sta facendo. Se tornerà sui suoi passi intanto sarà una persona in più che avete educato. In Italia c’è una paura folle della sconfitta, e chi pensa di avere un salvadanaio in campo non è un genitore vincente».
«Educare – ha concluso don Albertini – è investire una cambiale in bianco, non sapete cosa vi tornerà indietro. Ma le intuizioni dei vostri cuori valgono più di cento studi psicologici».
fonte gdm 5/5/2016